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    Nuovo indice delle pagine sulle "Arti liberali" del Tempio malatestiano di Rimini.

    Cerchiamo negli scritti dello stesso Alberti le prove che ci permettono di ipotizzare che sia lui l'autore del "progetto" e del percorso intellettuale della nostra Cappella delle Arti liberali. E partiamo ricordando due suoi testi che ritroviamo nelle sale antiche della Biblioteca Gambalunga di Rimini.
    Sono gli "Opuscoli Morali" (Venezia, 1568) e il già citato "Momus" (Roma, 1520), testo con cui si aprono gli stessi "Opuscoli".
    Al "Momus" Alberti lavora "alla fine degli anni Quaranta e nella prima metà degli anni Cinquanta", leggiamo in Oliva Catanorchi (2012), presso il sito Treccani.
    Nel "Momus" si offre un'immagine negativa dell'umanità, con quelle persone che talora usano maschere di fango per non essere respinte dai loro simili.
    Spiega Catanorchi: "L'insistenza albertiana sul tema della doppiezza dell'uomo non è circoscritta al contesto satirico del Momus, ma affiora in molti altri testi, venendo a costituire un vero leitmotiv della sua produzione". Ne consegue una riflessione negativa sulla vita associata, dominata dalla finzione, per evitare di "esporsi ai pericoli che ci vengono dagli altri, in particolare dall’autorità costituita". Il mondo è inteso "come luogo intrinsecamente connotato dalla doppiezza".
    All'immagine negativa del "Momus" si contrappone, nella cappella delle Arti Liberati del Tempio malatestiano di Rimini, la finalità della Cultura, cioè educare ad una vita tra cittadini tutti uguali e quindi liberi. Questo aspetto si rivela nelle tre immagini dell'ultima striscia della stessa cappella: esse rappresentano la Concordia, la Città giusta e la Scuola.
    Proprio queste tre immagini ci possono suggerire l'ipotesi che l'itinerario descritto nella cappella sia opera dello stesso Alberti, il quale (come leggiamo in Francesco De Sanctis) aveva la "fisionomia dell'uomo nuovo" che al suo tempo si andava elaborando in Italia. Alberti prospettava un ideale rivoluzionario sotto tutti gli aspetti, perché distrugge ogni istanza teologica quando definisce "astiosa inutilità" l'atteggiamento che fa "rovesciare mali sugli uomini sventurati".






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