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6. Sigismondo e Leon B. Alberti, il racconto delle pietre
Nella facciata del Tempio malatestiano c'è "l'arco trionfale della romanità laica e profana" (M. Guerra, 2007). Il richiamo al passato è un manifesto culturale che nasce dall'insegnamento degli umanisti. Ad "un rifiuto radicale delle linee politiche e culturali di una storia di decadenza moderna", si contrappone "l'instaurazione di altre forme di moralità, di un diverso rapporto con la società e con la natura" (C. Vasoli 2012), con il recupero degli esempi classici degli antichi.
Contemporaneo al Tempio è un testo di Giannozzo Manetti (1396-1459) in cui si celebra l'eccellenza dell'agire umano, così come Alberti fa nel "Libro della famiglia" lodando chi trova "nella buona e santa disciplina del vivere" una sicura regola di comportamento pubblico e privato (C. Vasoli).
Il mito umanistico della "rinascita", ispirato ad una morale fortemente laica e borghese, si esprime nelle forme della tolleranza e della sintesi, scrive Marta Guerra. Pio II papa dal 1458 affida il proprio programma intellettuale alla realizzazione di Pienza, "città ideale", esempio di un Umanesimo urbanistico. Ciò, aggiungiamo, non gli impedisce di scontrarsi con l'umanista Sigismondo, a dimostrazione di quanto sia contraddittoria l'esistenza umana.
Ezio Raimondi, ad un convegno riminese del 2001, spiegava che nell'Alberti umanista "è centrale la dimensione problematica, l'interrogazione sulla vita dell'uomo, fatta non solo di dignitas, ma anche di miseria".
Senza prudenza non c'è vera sapienza, secondo Coluccio Salutati (1331-1406), cancelliere della Repubblica fiorentina dal 1375 alla scomparsa. E la vera sapienza è quella che procura il bene comune, e permette a tutti di accedere alle cariche pubbliche. Questa dimensione non è presente nella biografia di Sigismondo, ma si può intravedere nella parte esterna del suo Tempio, dove sono collocate quattro tombe di "prestantissimi Poeti e Filosofi": Basinio Parmense, Giusto de' Conti, Gemisto Bizantino e Roberto Valturio (L. Tonini, 1864). La quinta tomba ospita due medici di Casa Arnolfi. La sesta è dedicata a Sebastiano Vanzi, sepolto ad Orvieto di cui fu vescovo. La settima fu concessa al medico Bartolomeo Traffichetti.
Il "Gemisto Bizantino" non sarebbe il noto filosofo Giorgio Gemisto Pletone del sec. XV, ma un altro pensatore del sec. IV, essendo stato rinvenuto (1757) nella tomba non il corpo intero di un defunto del 1451, ma uno scheletro scomposto in un panno di lana rossa.
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